Ricorso  ex  art.  127  della  Costituzione  del  Presidente  del
Consiglio  dei   ministri   in   carica,   rappresentato   e   difeso
dall'Avvocatura Generale dello Stato, codice fiscale n.  80224030587;
n. fax 0696514000 ed indirizzo P.e.c. per il ricevimento  degli  atti
ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it, presso i cui uffici domicilia  in
Roma, alla via dei Portoghesi n. 12, 
    contro la Regione  Calabria,  in  persona  del  Presidente  della
Giunta regionale in carica, con sede a  Cittadella  Regionale,  viale
Europa - localita' Germaneto - 88100 Catanzaro; 
    per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 1
della legge della Regione Calabria 7 luglio 2021, n.  17,  pubblicata
nel Bollettino Ufficiale della Regione Calabria n. 54  dell'8  luglio
2021, recante «Modifiche alla legge regionale 16 maggio 2013,  n.  24
(Riordino enti, aziende  regionali,  fondazioni,  agenzie  regionali,
societa' e consorzi comunque denominati, con esclusione  del  settore
sanita')», per contrasto con gli articoli  81  e  117,  comma  terzo,
della  Costituzione  in  materia  di  coordinamento   della   finanza
pubblica, anche in relazione alla norma interposta di cui all'art.  9
del decreto-legge n. 95 del 2012; 
    e cio' a seguito  ed  in  forza  della  delibera  di  impugnativa
assunta dal Consiglio dei ministri nella seduta del 5 agosto 2021. 
 
                                Fatto 
 
    L'art. 1 della legge della Regione Calabria 7 luglio 2021, n. 17,
pubblicata nel Bollettino Ufficiale  della  Regione  Calabria  n.  54
dell'8 luglio 2021, modifica il  comma  2  dell'art.  3  della  legge
regionale n. 24/2013 disponendo che «al comma  2  dell'art.  3  della
legge regionale  16  maggio  2013,  n.  24  (Riordino  enti,  aziende
regionali,  fondazioni,  agenzie  regionali,  societa'   e   consorzi
comunque denominati, con esclusione del settore sanita'),  la  parola
«tabellare» e' sostituita da «economico». 
    La citata modifica dell'art. 3, comma 2, della legge regionale 16
maggio 2013, n. 24, con la sostituzione della parola «tabellare»  con
la parola «economico» si pone in contrasto con gli articoli 81 e 117,
comma terzo, della Costituzione in  materia  di  coordinamento  della
finanza pubblica, anche in relazione alla  norma  interposta  di  cui
all'art. 9 del decreto-legge n. 95 del 2012. 
    Pertanto,  l'art.  1  della  legge  regionale  suddetta,   giusta
determinazione assunta dal Consiglio dei ministri nella seduta del  5
agosto 2021, e' impugnata per i seguenti 
 
                          Motivi di diritto 
 
    Illegittimita'  costituzionale  dell'art.  1  della  legge  della
Regione Calabria 7 luglio 2021,  n.  17,  pubblicata  nel  Bollettino
Ufficiale della Regione Calabria n. 54 dell'8  luglio  2021,  recante
«Modifiche alla legge regionale 16 maggio 2013, n. 24 (Riordino enti,
aziende regionali, fondazioni, agenzie regionali, societa' e consorzi
comunque  denominati,  con  esclusione  del  settore  sanita')»,  per
contrasto con gli articoli 81 e 117, comma terzo, della  Costituzione
in  materia  di  coordinamento  della  finanza  pubblica,  anche   in
relazione alla norma interposta di cui all'art. 9  del  decreto-legge
n. 95 del 2012. 
    Come gia' detto, l'art. 1 della legge della  Regione  Calabria  7
luglio 2021, n. 17, pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione
Calabria n. 54 dell'8 luglio 2021, modifica il comma  2  dell'art.  3
della  legge  regionale  n.  24/2013,  disponendo  che  «al  comma  2
dell'art. 3 della legge regionale 16 maggio  2013,  n.  24  (Riordino
enti, aziende regionali, fondazioni, agenzie  regionali,  societa'  e
consorzi comunque denominati, con esclusione del settore sanita'), la
parola «tabellare» e' sostituita da «economico». 
    La disposizione censurata interviene a modificare il  trattamento
economico del  commissario  straordinario,  nominato  dal  Presidente
della Giunta regionale per ciascun ente derivante dagli accorpamenti,
nel caso in cui, in assenza del profilo professionale nell'ambito dei
dirigenti interni della Regione, venga scelto un commissario esterno.
La norma in esame prevede ora, in particolare, che  il  compenso  del
commissario non possa essere superiore al trattamento  «economico»  -
prima «tabellare» - dei dirigenti di settore della Giunta regionale. 
    Preliminarmente, si osserva che la disposizione in esame comporta
maggiori oneri a carico  dei  bilanci  degli  enti  conseguenti  agli
accorpamenti, in quanto il  trattamento  economico  dirigenziale  ora
introdotto  e'  superiore  al  trattamento  tabellare,  il  quale  si
riferisce unicamente allo stipendio tabellare. 
    Difatti,  la  struttura  retributiva  dirigenziale,  cosi'   come
definita dall'art. 53 del contratto collettivo  nazionale  di  lavoro
relativo al personale dell'area delle funzioni locali (triennio  2016
- 2018), sottoscritto in data 17 dicembre 2020, e' composta da: 
      1) stipendio tabellare; 
      2) retribuzione individuale di anzianita', ove acquisita; 
      3) retribuzione di posizione; 
      4) retribuzione di risultato, ove spettante. 
    Ne consegue, pertanto, in tutta evidenza, la maggiore  onerosita'
della norma censurata. 
    A nulla rileva, sotto  tale  profilo,  la  sola  circostanza  che
l'art. 2 della legge in esame  preveda  una  clausola  di  invarianza
finanziaria, a norma  della  quale  «Dall'attuazione  della  presente
legge non derivano nuovi o  maggiori  oneri  a  carico  del  bilancio
regionale». 
    Quest'ultima costituisce, invero, una mera auto-qualificazione di
carattere formale, dalla quale non e'  lecito  desumere,  secondo  la
costante giurisprudenza di Codesta Ecc.ma  Corte,  che  le  attivita'
previste  dalla  legge  istitutiva  non  comportino   alcuna   spesa,
occorrendo, in ogni caso, svolgere un  attento  esame  della  portata
prescrittiva concreta della normativa stessa. 
    La mancanza o l'esistenza di un onere  puo'  desumersi,  infatti,
esclusivamente «dall'oggetto della legge e  dal  contenuto  di  essa»
(sentenza n. 163 del 2020), e non anche da  mere  clausole  di  stile
quali quelle di invarianza finanziaria, la  cui  presenza  impone  di
procedere ad un'attenta valutazione  sull'effettiva  possibilita'  di
attuare le nuove disposizioni a risorse invariate, al fine di evitare
che in sede di previsione annuale di bilancio intervengano  richieste
per l'appostamento di risorse ulteriori (in tal senso, cfr.  sentenza
n. 307 del 2013, in cui la Corte ha dichiarato illegittima una  norma
che, pur in presenza di clausola di invarianza finanziaria, e'  stata
giudicata tale da comportare maggiori oneri finanziari, seppur in via
potenziale o ipotetica). 
    Come detto, la disposizione  censurata  comporta  una  potenziale
maggiorazione degli oneri finanziari gravanti, ai sensi dell'art.  3,
comma 2, della legge regionale 16 maggio 2013,  n.  24,  sui  bilanci
degli enti accorpati, facenti parte del «perimetro di  consolidamento
regionale» e finanziati, tra l'altro, da «contributi  ordinari  della
Regione», cosi' come disposto dal successivo art. 17, comma 3. 
    A fronte di tale maggiore  onerosita',  la  norma  regionale  non
contiene, tuttavia,  alcuna  quantificazione  degli  oneri  di  spesa
derivanti dal mutamento del  trattamento  economico  del  commissario
straordinario  e,  conseguentemente,  non  prevede  alcuna  copertura
finanziaria, ponendosi, cosi', in contrasto con l'art. 81,  comma  3,
della Costituzione, a norma del quale ogni  disposizione  legislativa
che importi nuovi o maggiori oneri deve indicare i  mezzi  per  farvi
fronte. 
    Al riguardo, occorre rilevare che la Corte costituzionale ha gia'
avuto occasione di affermare che il principio  in  esame,  in  quanto
presidio degli equilibri di finanza pubblica, «opera direttamente,  a
prescindere dall'esistenza di norme interposte, sostanziandosi in una
vera e propria clausola  generale  in  grado  di  colpire  tutti  gli
enunciati normativi causa di effetti  perturbanti  la  sana  gestione
finanziaria e contabile. Pertanto, il sindacato di  costituzionalita'
sulle  modalita'  di  copertura  finanziaria  delle  spese  coinvolge
direttamente il precetto costituzionale, a  prescindere  dalle  varie
declinazioni dello stesso, nel volgere del tempo»  (sentenza  n.  244
del 2020). 
    Cio'   nondimeno,   sussistono,   nella   specie,    disposizioni
puntualmente attuative del precetto costituzionale, da ravvisarsi, in
primo luogo, nell'art. 19 della legge n. 196 del 2009,  a  norma  del
quale «[l]e leggi e i provvedimenti che comportano oneri, anche sotto
forma di minori entrate, a carico dei bilanci  delle  amministrazioni
pubbliche  devono  contenere  la  previsione  dell'onere   stesso   e
l'indicazione  della  copertura  finanziaria  riferita  ai   relativi
bilanci, annuali e pluriennali». 
    Detta disposizione, specificativa, in particolare,  del  precetto
di cui all'art. 81, terzo comma, della Costituzione, prescrive, anche
nei confronti delle Regioni, la previa quantificazione della spesa  o
dell'onere  quale  presupposto  della  copertura  finanziaria,   «per
l'evidente ragione che  non  puo'  essere  assoggettata  a  copertura
un'entita' indefinita» (v., ex plurimis, sentenze n.  235  del  2020,
147 del 2018, 181 del 2013).  Tale  quantificazione  deve,  peraltro,
rispettare la fondamentale  esigenza  di  chiarezza  e  solidita'  di
bilancio cui l'art. 81 si ispira e a cui il legislatore regionale non
puo' sottrarsi, ragion per cui  la  copertura  di  nuove  spese  deve
essere  credibile,  sufficientemente   sicura,   non   arbitraria   o
irrazionale e in equilibrato rapporto con la  spesa  che  si  intende
effettuare in esercizi futuri (sentenze n. 227 e 197 del 2019  e  147
del 2018). 
    Il potenziale aumento di spesa conseguente all'applicazione della
disposizione censurata confligge, peraltro, anche con  gli  obiettivi
di contenimento  della  spesa  pubblica  perseguiti  dal  legislatore
statale mediante l'art. 9 del decreto-legge n. 95 del  2012,  le  cui
previsioni rivestono la natura di principi fondamentali nella materia
del «coordinamento della finanza pubblica», trattandosi di norme che,
in linea con le disposizioni in materia di riduzione del costo  della
pubblica amministrazione (c.d. spending review), pongono misure volte
alla previsione e al contenimento delle spese. 
    La legge regionale 24 del  2013,  modificata  dalla  disposizione
oggetto  di  censura,  costituisce,  infatti,  attuazione   di   tale
normativa statale, essendo  finalizzata  alla  «...  riduzione  degli
oneri finanziari a carico del bilancio regionale ...  in  coerenza  a
quanto disposto dall'art. 9 del decreto-legge 6 luglio  2012,  n.  95
(Disposizioni urgenti per  la  revisione  della  spesa  pubblica  con
invarianza dei servizi ai cittadini, nonche' misure di  rafforzamento
Patrimoniale delle imprese  del  settore  bancario),  convertito  con
modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 135» (art. 1,  comma  3),
mediante, tra l'altro, l'accorpamento, la fusione, la liquidazione  o
il riordino delle aziende, le fondazioni e gli enti regionali di  cui
al successivo art. 2, comma 2. 
    A   fortiori,   il   successivo   articolo   24   ribadisce   che
«Dall'attuazione della presente legge derivano risparmi di spesa  che
concorrono   al   raggiungimento   degli   obiettivi   fissati    dal
decreto-legge n. 95/2012, convertito con modificazioni dalla legge n.
135/2012». 
    La modifica del trattamento economico  riservato  al  commissario
straordinario operata  dalla  norma  censurata  determina,  tuttavia,
l'evidente frustrazione  di  tali  obiettivi  di  contenimento  della
spesa, comportando, come detto, maggiori oneri a carico  dei  bilanci
degli enti conseguenti agli accorpamenti, in violazione  dell'art.  9
del citato decreto-legge n. 95 del 2012. 
    A fronte di quanto sopra esposto, l'art. 1, che  modifica  l'art.
3, comma 2, della legge regionale 16 maggio 2013, n. 24, si  pone  in
contrasto con gli articoli 81 e 117, comma terzo, della  Costituzione
in  materia  di  coordinamento  della  finanza  pubblica,  anche   in
relazione alla norma interposta di cui all'art. 9  del  decreto-legge
n. 95 del 2012.